Reiki: livelli di apprendimento, testimonianze e riconoscimento ufficiale

 

Nel precedente articolo abbiamo visto cos’è il Reiki, le sue origini e i benefici principali. Questa volta approfondiamo alcuni aspetti che spesso incuriosiscono chi si avvicina a questa disciplina: i diversi livelli di apprendimento, le esperienze di chi lo pratica e lo stato del suo riconoscimento ufficiale in Italia e nel mondo.

I livelli del Reiki: un percorso graduale

Il Reiki non è solo una pratica da ricevere, ma anche una disciplina che si può apprendere.

Il percorso formativo è tradizionalmente suddiviso in tre gradi principali, più un livello aggiuntivo chiamato “Master”.

1. Primo livello (Shoden)

  • È il livello base, accessibile a chiunque.
  • Si impara l’autotrattamento e le posizioni delle mani sul corpo.
  • L’obiettivo è entrare in contatto con la propria energia vitale e sperimentare il Reiki su di sé e sugli altri.

2. Secondo livello (Okuden)

  • Viene insegnato l’uso dei simboli Reiki, che servono a concentrare e indirizzare l’energia.
  • Si introduce la possibilità di praticare anche a distanza, senza contatto diretto con la persona.
  • È un livello più profondo, che spesso apre a una dimensione di consapevolezza interiore maggiore.

3. Terzo livello (Shinpiden)

  • È un percorso avanzato, dedicato a chi vuole approfondire la connessione spirituale.
  • Si lavora con simboli più complessi e si rafforza la capacità di canalizzazione.
  • Non tutti scelgono di arrivare a questo livello: dipende dalle motivazioni personali.

4. Master Reiki

  • È il grado che permette di insegnare il Reiki ad altri.
  • Prevede un impegno importante, non solo tecnico ma anche etico e personale.
  • Diventare Master significa prendersi la responsabilità di trasmettere la disciplina, formare nuovi praticanti e portare avanti la tradizione.

Le testimonianze: come si vive un trattamento Reiki

Ogni esperienza Reiki è soggettiva, ma ci sono alcuni effetti che vengono raccontati con frequenza:

  • Rilassamento immediato: molti descrivono una sensazione di leggerezza e calma già dopo i primi minuti.
  • Calore o formicolio: alcuni percepiscono calore nelle zone trattate o una lieve vibrazione.
  • Emozioni che riaffiorano: può capitare che emergano ricordi o stati emotivi sopiti, vissuti come liberatori.
  • Miglioramento del sonno: chi soffre di insonnia spesso riferisce di dormire meglio dopo alcune sessioni.

Accanto a queste esperienze, esistono anche testimonianze più scettiche: non tutti percepiscono effetti immediati, e a volte il Reiki viene vissuto semplicemente come un momento di pausa e meditazione.

In ogni caso, il denominatore comune sembra essere il valore di fermarsi, lasciarsi andare e dedicarsi tempo, elementi già di per sé preziosi in una vita quotidiana frenetica.

Il riconoscimento del Reiki: Italia ed estero

Il tema del riconoscimento ufficiale del Reiki è delicato e spesso fonte di confusione.

In Italia

  • Il Reiki non è riconosciuto come pratica medica né come terapia sanitaria.
  • È considerato una disciplina del benessere e della crescita personale.
  • Chi pratica Reiki professionalmente può farlo all’interno delle discipline bionaturali (DBN), riconosciute da alcune regioni italiane con specifiche leggi locali.
  • Non esiste però un albo nazionale o un titolo accademico ufficiale.

All’estero

  • In paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito, il Reiki è molto diffuso e viene spesso integrato in ospedali e centri di cura, soprattutto come supporto al rilassamento di pazienti oncologici o cronici.
  • In Giappone, sua terra d’origine, è praticato sia in contesti tradizionali che moderni, con un’ampia varietà di scuole.
  • L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) cita il Reiki tra le pratiche di medicina complementare, ma ne sottolinea i limiti: non sostituisce i trattamenti medici.

Perché conta il riconoscimento

Sapere che il Reiki non è una terapia medica è importante per avvicinarsi alla disciplina con consapevolezza.

Chi sceglie un trattamento Reiki deve sapere che non serve a “curare” malattie, ma può essere un valido supporto al benessere psicofisico.

Allo stesso tempo, il fatto che in molti ospedali nel mondo sia integrato come pratica complementare dimostra che, pur senza basi scientifiche consolidate, viene riconosciuto come strumento utile a migliorare la qualità della vita dei pazienti.

 Bibliografia essenziale

  • Takata, H. (1976). Reiki: Hawayo Takata’s Story. Reiki Alliance.
  • Petter, F. A. (2012). Reiki Fire: New Information about the Origins of the Reiki Power. Lotus Press.
  • Baldwin, A. L. et al. (2017). “Complementary and integrative practices in hospital care: Reiki and patient well-being.” Journal of Alternative and Complementary Medicine.
  • Federazione Italiana Reiki – www.federazionereiki.it

NHS (National Health Service, UK) – sezione “Complementary and alternative medicine”